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Area archeologica e villaggio neo-eneolitico di Su Coddu – Canelles

Cinquemila anni fa nell’odierna località di “Su Coddu” (il colle) sorse un villaggio (3350-2900 a.C.) tra i più estesi di tutto il Mediterraneo del periodo prenuragico. Nel 1981 durante i lavori di lottizzazione dell’area vennero rinvenuti per caso alcuni reperti archeologici; questa scoperta diede il via a numerose campagne di scavo che misero in luce la complessità dell’insediamento di cui oggi purtroppo resta visibile solo una piccola parte compresa tra la via Nenni e la via De Gasperi. I numerosi materiali rinvenuti sono conservati presso il museo SEMÙ nell’ex Caserma Cavalleggeri di Selargius.

La scelta fatta dall’uomo di stabilirsi in questa zona non fu casuale ma legata alle caratteristiche morfologiche del territorio che appariva molto diverso da come è oggi. Tra querce, olivi, piante di fichi e viti selvatiche scorreva un corso d’acqua e a pochi chilometri di distanza si trovava lo stagno di Molentargius. La natura forniva gran parte delle risorse utili per la sussistenza del villaggio.

Mentre gli uomini erano impegnati nella caccia e nella pesca, le donne si occupavano della raccolta dei molluschi e dei frutti selvatici. Con il passare del tempo le attività divennero sempre più complesse arrivando a comprendere l’allevamento, la coltivazione di cereali, la tessitura, la metallurgia, la produzione di ceramica e la lavorazione di pietra e ossidiana.

La maggior parte degli oggetti ritrovati erano realizzati per un uso pratico (brocche, pentole, pestelli, raschiatoi, punte di lancia, aghi) ma non mancavano quelli creati con uno scopo puramente ornamentale come collane di conchiglie e ciondoli di vari materiali o di uso verosimilmente legato al sacro come le statuine della Dea Madre.

Uno tra i ritrovamenti più importanti è senza dubbio un crogiolo in terracotta che testimonia l’attività di fusione in loco dei metalli. La vita all’interno del villaggio si svolgeva prevalentemente negli spazi aperti dove focolari, butti per la raccolta dei rifiuti e pozzi d’acqua erano a disposizione della comunità.

Le capanne, almeno 120, di forma per lo più circolare erano coperte da un tetto realizzato usando canne, legname e malta di fango e avevano diverse funzioni: alcune erano utilizzate come “abitazione”, altre riservate allo stivaggio delle provviste o adibite a “luogo di lavoro” per la macinazione dei cereali, la cottura dei cibi e la lavorazione dell’ossidiana. L’assenza di strutture difensive o di controllo ci fa immaginare che gli abitanti di Su Coddu convivessero pacificamente con quelli del vicino villaggio di Terramaini condividendo le abbondanti risorse naturali in un’atmosfera vivace di scambi e contatti sociali.

Audioguida

Bibliografia

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